Si può annullare il compromesso di acquisto?
Cosa accade quando una delle due parti cambia idea e come tutelarsi
Torniamo a parlare di problematiche e faccende burocratiche legate alle compravendite immobiliari. In questo approfondimento, ci concentriamo, in particolare, sul recesso, ossia quella situazione che si può verificare dopo aver concluso un processo di acquisto di un immobile, che vede una delle parti tornare sui propri passi per annullare il compromesso. Cerchiamo dunque di capire cosa accade in casi come questo. E come ci si può tutelare.
La compravendita e le sue fasi
Prima di tutto, facciamo un rapido ripasso analizzando le fasi che si attraversano durante una compravendita immobiliare. Per prima cosa tra il potenziale acquirente e il venditore, viene formulata una proposta di acquisto. Con questa azione, le due parti si accordano e il compratore si assume l’impegno di trasferire nelle mani dell’agente immobiliare che si occupa della trattativa, a titolo di deposito fiduciario (che non produce frutti) una prestabilita somma di denaro che diventerà, una volta firmata la proposta per accettazione, la caparra confirmatoria a tutti gli effetti. Il secondo step prevede la stipula del contratto preliminare, chiamato anche compromesso. In questo caso entrambe le parti si impegnano reciprocamente: da una parte a vendere l’immobile, dall’altra ad acquistarlo per poter concludere la trattativa entro un termine stabilito. Il contratto preliminare viene scritto e solitamente si tratta di una semplice scrittura privata che non necessita la presenza di un notaio. La fase definitiva, quella che sancisce il trasferimento della proprietà necessita invece di un contratto definitivo, che si concretizza nel momento in cui avviene la firma del rogito e, in questo caso, è necessaria e obbligatoria la presenza di un notaio. Fin qui è tutto chiaro e sembra non esserci nessun tipo di problema. Diciamo sembra, perché l’acquisto di una casa non è mai una faccenda banale e scontata, perché si può infatti verificare una situazione che mette una delle due parti coinvolte, nella situazione di dover annullare tutta la procedura, venendo meno agli accordi prestabiliti.
Cosa accade se una delle parti non rispetta gli accordi presi durante la fase del preliminare?
Abbiamo già premesso che con il compromesso non viene trasferita la proprietà tra un soggetto e l’altro, ma si crea una promessa (o meglio una obbligazione), quella di adempiere a quanto concordato entro un termine stabilito. Se si verifica un inadempimento da parte dell’acquirente, il venditore proprietario mantiene la titolarità del bene immobile. In questo caso egli può però chiedere – e soprattutto ottenere dal giudice che emana una sentenza – il trasferimento coatto della proprietà oppure un risarcimento per l’annullamento dell’accordo. Se è il venditore ad aver cambiato idea e non intende più presentarsi dal notaio per la firma, il compratore potrà agire avviando una causa e decidere se chiedere la risoluzione del contratto o, fornendo un motivo dimostrabile di quantificabile perdita patrimoniale, potrà essere anche risarcito per il danno subito. Inoltre, il tribunale mediante una sentenza, potrà obbligare il trasferimento dell’immobile anche senza la presenza del venditore. Il giudice ordinerà quindi di saldare la quota di prezzo residua, tolti eventuali acconti già versati. Nel contratto preliminare abbiamo visto che è previsto il versamento di una caparra confirmatoria. Si tratta di una somma di denaro che ammonta a circa il 10 – 20% del prezzo di acquisto e che viene applicata, a titolo di acconto, sul prezzo finale che dovrà saldare il compratore. Se il compratore non intende più concludere la trattativa, il venditore tratterrà la caparra. Qualora fosse il venditore a non rispettare l’impegno preso in fase di compromesso, il compratore potrà esigere il versamento del doppio della cifra concordata per la caparra.
Non esiste solo la caparra confirmatoria ma anche quella penitenziale
La caparra penitenziale assume la funzione di corrispettivo per recesso. Cosa significa? Che la parte che decide di recedere dagli accordi, perde la caparra versata oppure è obbligato a restituire il doppio della somma di denaro che ha ricevuto. In questo caso non è contemplato nessun altro tipo di risarcimento a differenza della caparra confirmatoria.
Cosa dice il codice civile
L’articolo 1329 del Codice Civile, sancisce – ossia stabilisce – che una offerta di acquisto di una casa abbia una valenza irrevocabile, se presenta un termine di tempo limitato. Dovrà quindi contenere l’opportuna dicitura recante la data di validità limite entro il quale sarà irrevocabile. Quando il periodo stabilito sta per scadere, questa clausola e la relativa irrevocabilità non saranno più valide. Se l’offerta di acquisto non contiene invece una indicazione relativa a un a un arco temporale, sarà revocabile in qualsiasi momento, perché un offerente non può e non deve essere sottoposto a un vincolo che non scade. Chi propone, tuttavia, può tutelarsi dal verificarsi di eventuali vizi, inserendo nella proposta di acquisto, due clausole molto importanti che lo rendono libero: la clausola sospensiva del mutuo mediante la quale il proponente può obbligare la stipula della vendita vincolata al buon esito relativo alla richiesta di mutuo. Se non dovesse andare a buon fine, viene liberato dall’obbligo. La seconda clausola è quella di regolarità urbanistica, catastale e condominiale che permette al proponente l’obbligo di vendita solamente se i controlli effettuati sulla regolarità della casa vanno a buon fine. Per quanto riguarda la conclusione del contratto, il codice civile stabilisce quanto segue: “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta – il proponente – ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte. L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi. La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso. Tuttavia, se l’accettante ne ha intrapreso in buona fede l’esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l’iniziata esecuzione del contratto. L’accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima dell’accettazione“.
Come si comunica un recesso
Per comunicare la volontà di recesso, sia che si tratti di venditore o acquirente, occorre farlo per iscritto e la procedura deve essere tracciabile, ossia occorre utilizzare la posta raccomandata ordinaria oppure quella digitale, la Pec. Nella proposta di acquisto vengono inseriti a tal proposito sia i relativi indirizzi fisici delle parti coinvolte, sia quelli mail, in modo che tutti siano nella condizione di poter essere rintracciabili per il recapito di eventuali comunicazioni.
… e come tutelarsi
Veniamo infine alle indicazioni relative alla possibilità di tutelarsi. Dopo aver stipulato il contratto preliminare, un compratore può temere che il venditore possa, nel frattempo, ricorrere alla vendita dell’immobile, iscrivere una ipoteca oppure subire azioni di terze parti. In questo caso, il potenziale acquirente, potrà avvalersi della garanzia di registrare il compromesso e trascriverlo nei pubblici registri immobiliari entro 30 giorni. Non si tratta in realtà di una procedura obbligatoria quella della trascrizione, anche se è sicuramente da prendere in considerazione come possibilità di tutela, in quanto evita che in caso di vendite, trascrizioni ipotecarie o pignoramenti, i diritti acquisiti dall’acquirente possano non risultare più vincolanti nei suoi riguardi. Con questa procedura, inoltre, si costituisce un vero e proprio effetto di prenotazione (o prenotativo) che tutela l’acquirente anche nei confronti di ogni successivo atto del venditore e di eventuali e precedenti che possono essere stati trascritti dopo il suo.